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Shlomo Venezia: storia vera, moglie, figli, Olocausto e morte

Nell’ambito dei programmi per il Giorno della Memoria, sarà trasmesso stanotte su Rai 1 alle 00:05 all’interno dello Speciale Tg 1 “Il respiro di Shlomo“, documentario sulla storia del testimone della Shoà Shlomo Venezia. E’ prodotto dalla Fondazione Museo che ricorda lo sterminio degli ebrei da parte dei nazifascisti e da Rai Cinema.

La regia è di Ruggero Gabbai e l’intervista a Shlomo Venezia è curata da Marcello Pezzetti. In questo articolo vogliamo raccontarvi proprio la storia di Shlomo.

Shlomo Venezia: storia vera, Olocausto

Shlomo Venezia nasce a Salonicco il 29 dicembre del 1923. Discende da ebrei sefarditi espulsi dalla Spagna nel 1492, i quali, dopo molte peregrinazioni, si stabilirono nella Macedonia greca.

Il cognome “Venezia” deriva dal fatto che quello era stato territorio veneziano (poi del Regno d’Italia), di cui loro erano quindi cittadini. Le cose iniziarono ad andare male per la famiglia alla morte del padre di Shlomo. Quest’ultimo aveva solo 12 anni.

Tutto peggiorò tra il 6 e il 41 aprile del ’41, quando la Grecia venne occupata dai tedeschi. Agli ebrei italiani venne data la “scelta” di partire per l’Italia fascista e in particolare per la Sicilia, o per Atene.

I Venezia decisero per questa possibilità, ma nella capitale greca vennero arrestati dai nazisti e dapprima detenuti in una sinagoga con una scusa, poi deportati.

Shlomo si ritrovò ad Auschwitz – Birkenau con la madre, il fratello, tre sorelle e altri parenti. Mamma e due sorelle furono immediatamente uccise nelle camere a gas.

Lui dovette fare il “Sonderkommando”, triste figura costretta ad occuparsi dei cadaveri, togliendoli dalle camere a gas stesse, per portarli ai forni crematori. Ne parla anche Primo Levi.

Di queste “unità speciali” facevano parte altri deportati, soprattutto ebrei, che che poi venivano via via uccisi a loro volta, perché non rimanesse “memoria” di ciò che era accaduto. D’altra parte i nazisti l’avevano “promesso”: “Faremo cose che nessuno potrà raccontare e se qualcuno le racconterà, nessuno gli crederà” (infatti esistono ancora i negazionisti).

Shlomo, a cui fu inciso sul braccio il numero 182727, fu uno dei pochissimi “Sonderkommandos” a sopravvivere e a poter raccontare. L’altro italiano si chiama Enrico Vanzini, classe 1922. E’ ancora vivo.

Della famiglia di Shlomo ce la fecero il fratello, la sorella maggiore (con cui però si ricongiunse soltanto nel 1957) e due cugini. Stabilitosi a Roma, lui, con coraggio diventò uno dei più noti testimoni dell’orrore che aveva vissuto. Tuttavia vi riuscì soltanto oltre 40 anni più tardi.

Raccontò per esempio di una neonata ebrea ancora attaccata al seno della madre morta. La piccola piangeva, perché ovviamente il latte non arrivava più. Fu portata fuori dalla “doccia”, ma appena un nazista la vide, le sparò.

Sholomo Venezia parlò ovviamente nelle scuole (dal 2015 ce n’è anche una a Roma dedicata a lui), nei “Viaggi della Memoria“, scrisse libri e testimoniò in diversi diversi documentari.

Per esempio nel ’97 in “Memoria”, presentato al Festival di Berlino. Venezia fu anche consulente di Roberto Benigni per “La vita è bella” con Marcello Pezzi.

Moglie, figli, morte

Shlomo Venezia si è spento nella notte tra il 1° e il 2 ottobre del 2012 ad 88 anni. L’ultimo saluto è avvenuto al Tempio Maggiore, la principale sinagoga di Roma.

Oltre alla moglie, Marika Kaufmann, e ai figli Alberto, Alessandro e Mario, che portano avanti la sua testimonianza, alle esequie c’erano anche autorità e gente comune.

Ecco le parole di Shlomo per la consorte:

Sotto, invece, una foto di Mario Venezia (a sinistra) e Marcello Pezzetti ad Auschwitz:

A seguito di un breve corteo funebre nel Ghetto (ricordato anche per la deportazione degli ebrei sabato 16 ottobre del ’43), Shlomo Venezia è stato posto a riposare nel Cimitero Israelitico del Verano.

Alessandra

Sono nata il 26/8/'80 a Magenta (MI) e vivo a Meda (MB). Dopo la Maturità Classica, mi sono laureata in Scienze della Formazione, corso di Laurea in Scienze dell'Educazione all'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano (2004) con una tesi dal titolo "Donne e Islam: la questione del velo". Ho pubblicato due racconti: "Dopo la Notte"("Il Filo", 2009), sulle donne musulmane, e "Soltanto una donna" ("Albatros-Il Filo", 2011), su Olympe de Gouges, autrice della "Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina" (1791).