Della sua vita privata si sa pochissimo, ma tutti conoscono il ruolo pubblico di Paolo Borsellino, il coraggioso magistrato siciliano vittima della mafia.
Il prossimo 19 Luglio saranno trascorsi esattamente 30 anni dalla strage di Via D’Amelio, in cui perse la vita insieme agli agenti della scorta, ma il ricordo della sua persona e del suo operato sono più vivi che mai presso la collettività, anche fra i più giovani, che per ragioni anagrafiche non possono ricordare il tragico evento.
Amico e collega di Giovanni Falcone, come lui Borsellino andò incontro al proprio destino, che sapeva essere segnato, senza mai venir meno alle sue immense responsabilità.
Ricordiamo il magistrato palermitano in occasione dell’anniversario della sua uccisione, che neppure minimamente ne ha offuscato l’esempio di impegno e rettitudine.
Figlio di Maria Pia Lepanto e di Diego, Paolo Emanuele Borsellino nacque a Palermo il 19 Gennaio del 1940 nel quartiere popolare della Kalsa.
Qui, fin da piccolo, strinse una forte amicizia con il coetaneo Giovanni Falcone (più grande di lui di pochi mesi).
Dopo il diploma di Liceo Classico, a soli 22 anni, nel 1962, Paolo si laureò in Giurisprudenza con il massimo dei voti.
E’ entrato in magistratura nel 1963 come vincitore di concorso, il più giovane in assoluto nella storia d’Italia.
Non si esagera se si definisce straordinaria la carriera di Borsellino come giudice.
La sua priorità è sempre stata la lotta alla mafia, per la quale, insieme a Falcone, ha dato tutto se stesso fino alla fine.
Considerato uno dei più grandi avversari di Cosa Nostra a livello internazionale, pur consapevole del pericolo, il magistrato non ha mai arretrato di un passo, sino alle estreme conseguenze.
L’attentato di Via D’Amelio, insieme a quello di Capaci in cui perirono Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i giovani della scorta, ha segnato una delle pagine più brutali della recente storia del nostro Paese.
Mai la mafia si era spinta tanto in là contro le istituzioni, osando colpire due degli uomini più rappresentativi delle stesse.
Nel pomeriggio del 19 Luglio 1992, subito dopo aver pranzato con la moglie e i figli, Borsellino, come faceva abitualmente, si recò in visita all’anziana madre, che abitava insieme alla figlia Rita in Via D’Amelio.
Erano le 16:58: una Fiat 126 imbottita di tritolo esplose uccidendo sul colpo il giudice e i ragazzi della scorta.
Riservatissimo, Paolo Borsellino è stato un uomo tutt’altro che mondano e amante dei riflettori.
Legatissimo alla famiglia, sposò nel 1968 Agnese Piraino Leto, figlia di un famoso magistrato palermitano.
Dal matrimonio sono nati Lucia, Manfredi e Fiammetta, che a tutt’oggi, insieme alla zia Rita, continuano a battersi per avere giustizia e per tenere viva la memoria del padre.